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giovedì 12 settembre 2013

Da Villa a Convitto per un'unica destinazione: l'abbandono.



 
Un grande edificio in rovina, pieno di storia, solcato dal passaggio di personaggi illustri ora covo di pipistrelli, nuovo polmone verde di un’Italia irrispettosa delle sue bellezze. La vegetazione regna sovrana in questo luogo, antico tempio del sacro, ora annichilito e depredato delle sue bellezze. Sopravvive giusto qualche frammento di affresco, qualche tinta sbiadita contro la prepotenza delle bombolette spray.


Nel 1276 villa S. viene fondata come Monastero di S. Maria a G., ma circa duecento anni dopo furono i monaci Olivetani a rilevare la struttura ampliandone i locali. Nel 1775 il convitto comincia a prendere la sua forma odierna e il granduca Leopoldo donò questo sacro luogo al Real Convitto C.
La sua funzione rimarrà questa fino alla Seconda Guerra Mondiale e merita di essere ricordato per alcuni dei suoi ospiti: il ‘super uomo’, colui che ‘ricordava di osare sempre’ Gabriele D’Annunzio e il ‘maledetto Toscano’ Curzio Malaparte. Dopo la Seconda grande Guerra il convitto offrì riparo agli sfollati ma verso la fine degli anni Sessanta ecco il declino alle porte. La struttura non venne più occupata da scrittori e amanti ma da vandali, ladri di beni (molte lastre di marmo sono state rubate, compresa quella dell’altare,) e cultori ‘del demonio’.
Tutto in questo luogo fa pensare all’infinita deficienza dell’uomo che fa decadere edifici speciali e pieni di storia, non curante dei beni culturali più inestimabili che il nostro Paese ha da offrire.
Di seguito un viaggio per le rovine del Convitto, nelle sue stanze e nei suoi sotterranei.
Elvira Macchiavelli

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