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domenica 30 agosto 2015

Il castello Ludovicus



Il salone rosso

Il castello Ludovicus  è un esempio riuscito di falso storico. Un tripudio medievale di affreschi, motti e motivi che corrono lungo i cornicioni dei saloni e sotto le volte del portico.  Colori pastello, volti ben delineati e severi quelli di alcuni santi o patroni che custodiscono questo castello ormai decaduto.
Alla ricerca del fuso
I saloni, con i grandi camini, sono stati vandalizzati da scritte futili, mentre, per un attimo, la scala a chiocciola, mi fa sembrare alla ‘bella addormentata nel bosco’ alla ricerca del fuso.
Il castello Ludovicus sembra un castello delle fiabe: penso agli agguati di ‘Mamma Draga’; durante una pausa, cerco le fate tra i rovi che attorniano il pozzo e, guardando il paesaggio dalla torre più alta, immagino le streghe con le loro scope sorvolare i boschi del nord. 
La storia di questo luogo è strettamente correlata con quella di un castello vicino, costruito nel 1170 per volere del nobile Alberto G.. Negli ultimi anni dell’Ottocento, il conte Ludovicus, ricevette l’amara notizia di non essere discendente della casata G. alla quale, tuttavia, era imparentato.
La scala

Profondamente adirato per non ereditare la lussuosa residenza (oggetto di prestigio e comfort per la ricca moglie Caroline) decise di costruirne una simile. C.N., il rinomato architetto torinese fu chiamato a progettare l’edificio, al disegnatore Giovanni Vacchetta fu commissionato di adornare alcune sale con pitture  in stile medievale ma dai rimandi biblici. Un affresco di una camera vicina al salone centrale, è stato invece opera del pittore L. Mossello (il pavone potrebbe essere un probabile rimando al mito greco di Io e Giove, o un semplice sfarzo Liberty?).
L'affresco di L. Mossello
                                            

La residenza fu abbandonata nel 1955 e da quel giorno è stata preda di vandali e ladri. Non esistono arredi o drappi sfarzosi al castello Ludovicus. A smentire il motto di famiglia, vici e ti vivo, c’è solo il tempo che proclama un nuovo regno senza ‘viventi né vincitori’.

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Elvira Macchiavelli






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