Un grande edificio in rovina, pieno di storia, solcato dal passaggio di personaggi illustri ora covo di pipistrelli, nuovo polmone verde di un’Italia irrispettosa delle sue bellezze. La vegetazione regna sovrana in questo luogo, antico tempio del sacro, ora annichilito e depredato delle sue bellezze. Sopravvive giusto qualche frammento di affresco, qualche tinta sbiadita contro la prepotenza delle bombolette spray.
Nel 1276
villa S. viene fondata come Monastero di S. Maria a G., ma circa duecento anni
dopo furono i monaci Olivetani a rilevare la struttura ampliandone i locali.
Nel 1775 il convitto comincia a prendere la sua forma odierna e il granduca
Leopoldo donò questo sacro luogo al Real Convitto C.
La sua
funzione rimarrà questa fino alla Seconda Guerra Mondiale e merita di essere
ricordato per alcuni dei suoi ospiti: il ‘super uomo’, colui che ‘ricordava di
osare sempre’ Gabriele D’Annunzio e il ‘maledetto Toscano’ Curzio Malaparte.
Dopo la Seconda grande Guerra il convitto offrì riparo agli sfollati ma verso
la fine degli anni Sessanta ecco il declino alle porte. La struttura non venne
più occupata da scrittori e amanti ma da vandali, ladri di beni (molte lastre
di marmo sono state rubate, compresa quella dell’altare,) e cultori ‘del
demonio’.
Tutto in
questo luogo fa pensare all’infinita deficienza dell’uomo che fa decadere
edifici speciali e pieni di storia, non curante dei beni culturali più
inestimabili che il nostro Paese ha da offrire.
Di seguito
un viaggio per le rovine del Convitto, nelle sue stanze e nei suoi sotterranei.
Elvira
Macchiavelli
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