La struttura |
Si trovano
al di là di una debole rete, annientate dai rifiuti urbani di anni di
occupazione e indecorosa vita. La Villa XXXII è un esempio di storia perduta,
soffitti crollati, bellezze in disfacimento. Una perla nera in un mare di liquami
risalente all’epoca fascista.
La sua
storia non la sa nessuno (per ora) e prometto di informarmi quanto prima.
La pianta
dell’annesso dell’ex sanatorio ricorda quella di un antico castelletto: un
piano terra avvolto dal buio cela soffitti intarsiati a cassettoni, qualche
camino in pietra. Il soffitto della grande sala centrale pare fluttuante: è
evidente che da un lato non è più fissato per cui filtra la luce del giorno
come una saetta.
Oltre la
sala troviamo quella che doveva essere la piccola chiesa di famiglia con alcune
scritte in latino (Nihil Nimis).
La
singolarità di questa villa risiede nell’abbondanza di stemmi posti sulle mura
esterne della dimora: numerose casate forse ricordate da antichi simboli che
per noi sono solo interrogativi (ricorrente lo stemma che ritrae un delfino,
motivo ripreso più volte anche sui caminetti).
Un particolare del soffitto |
Unica
testimonianza storica un grossa targa sulla facciata della villa con su
scritto:
'Nel decennale della Rivoluzione fascista si inaugura questo istituto
che il consorzio antitubercolare della provincia. Il presidente A.B. ha fatto
sorgere ottenendo al monito del duce l'azione soprattutto al complemento
delle cure dei sanatori al ritorno del malato alla società, alla vita XXIX
ottobre MCM XXXII'.
Elvira Macchiavelli
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