E’ bello ritagliarsi dei momenti nella giornata quotidiana
dedicati al ricordo di esperienze passate.
Questa volta ci troveremo alle 7 del mattino circa nella
sala colazione dell’albergo, poi correremo verso la stazione del freddo
capoluogo, cambieremo treno, passeremo sotto gli sguardi indispettiti dei
condomini facendo finta di niente e…entreremo in una dependance sbagliata trovando
comunque qualcosa di bello da fotografare per poi…andare oltre una collinetta
abbattendo i rovi con i cavalletti…
Screew…op…di qui no…di qui si!
Con improbabile
agilità entro nella dimora, tu e
Marco volete essere i benvenuti?
Adesso cominciamo a giocare.
Impossibile non venire soggiogati dai fili invisibili
dell’istinto che muovono le gambe attraverso le cornici pesanti delle porte
divelte conducendo alle numerose sale dai pavimenti di legno.
Un silenzio riposante rigenera l’animo che a poco a poco si
quieta ed entra in armonia con lo spirito della villa dei viaggiatori. La dimora
di metà Ottocento dedicata alla moglie del noto industriale è una casa nobile
dai soffitti di legno affrescati, la carta da parati colorata ma stracciata e
dagli arredi fini e densi di ricordi.
Drappi antichi |
In musica ogni brano è formato da alcuni cues, ossia dei motivi che contraddistinguono le particolarità della melodia: i leitmotiv architettonici di questa dimora risiedono nelle tracce che poco a poco scopriamo durante l’esplorazione: aprendo le ante dell’armadio dai motivi orientali troviamo adesivi anni '70 di alcune marche, in un piccolo stipite conchiglie, cocci di una piccolo portagioie e una scatola dalla scritta in cirillico янмарь (‘yanmar’ che in russo significa ambra).
янмарь |
Un piccolo cartoncino dall’aria estremamente vintage
riproduce il monte Fuji riportando il nome di un hotel nipponico, in un angolo
è appeso un cappello nepalese: questa è la villa dei viaggiatori e il suo
essere è un meta-viaggio nella storia di una famiglia benestante e dei suoi
souvenir.
La sala medievale |
Poltrona sola |
l’ampio salone di legno era arredato da vetrinette, ora fracassate, e sicuramente custodi di memorie preziose ora trafugate.
La scala |
Crollano i pensieri sulla situazione personale opprimendo
brevemente l’animo che può scuotersi soltanto proseguendo il cammino verso il
brivido: la mansarda luminosa è un insieme di assi vertiginoso dove il
pavimento inclinato, e a tratti insicuro fa motivare la voce di Marco in una
richiesta tacita: ‘Macchiavelli, è
tardino…andiamo alla serra?’
-Già La serra!-
Comprendiamo dove siamo soltanto quando usciamo dalla dimora
della famiglia, per entrare in quello che è un autentico giardino di inverno,
abbandonato, in stile orientale: il soffitto a cassettoni di legno riproduce
angeli e aironi neri mentre tutto intorno, le pareti, sono arricchite da piastrelle
che riproducono pappagalli colorati e Cacatua.
Le lanterne di legno sono eternamente spente in questo luogo
magico dove davvero il tempo si è saturato di immagini, la vista dilatata e il
viaggio, ahimè, concluso.
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Il giardino di inverno |
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Elvira Macchiavelli
Buen trabajo!!! great!!!
RispondiEliminaUn saludo
Jordi vall
Recuerdo abandonado
Genial! Me gusta este lugar! Saludos
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